Consiglio Pastorale Parrocchiale
§ 1. Un momento significativo della partecipazione all’azione Pastorale della parrocchia si realizza anche mediante il “consigliare nella Chiesa”, in vista del comune discernimento per il servizio al Vangelo. Il consigliare nella Chiesa non è facoltativo, ma è necessario per il cammino da compiere e per le scelte pastorali da fare. Il Consiglio Pastorale parrocchiale e, nel suo settore e con la sua specificità, il Consiglio parrocchiale per gli affari economici, sono un ambito della collaborazione tra presbiteri, diaconi, consacrati e laici e uno strumento tipicamente ecclesiale, la cui natura è qualificata dal diritto-dovere di tutti i battezzati alla partecipazione corresponsabile e dall’ecclesiologia di comunione.
§ 2. Il Consiglio Pastorale, in una corretta visione ecclesiologica, ha un duplice fondamentale significato: da una parte rappresenta l’immagine della fraternità e della comunione dell’intera comunità parrocchiale di cui è espressione in tutte le sue componenti, dall’altra costituisce lo strumento della decisione comune Pastorale, dove il ministero della presidenza, proprio del parroco, e la corresponsabilità di tutti i fedeli devono trovare la loro sintesi. Il Consiglio Pastorale è quindi realmente soggetto unitario delle deliberazioni per la vita della comunità, sia pure con la presenza diversificata del parroco e degli altri fedeli. E’ quindi possibile definirlo organo consultivo solo in termini analogici e solo se tale consultività viene interpretata non secondo il linguaggio comune, ma nel giusto senso ecclesiale. I fedeli, in ragione della loro incorporazione alla Chiesa, sono abilitati a partecipare realmente, anzi a costruire giorno dopo giorno la comunità; perciò il loro apporto è prezioso e necessario. Il parroco, che presiede il Consiglio e ne è parte, deve promuovere una sintesi armonica tra le differenti posizioni, esercitando la sua funzione e responsabilità ministeriale. L’eventuale non accettazione, da parte del parroco, di un parere espresso a larga maggioranza dagli altri membri del Consiglio potrà avvenire solo in casi eccezionali e su questioni di rilievo Pastorale, che coinvolgono la coscienza del parroco e saranno spiegati al Consiglio stesso. Nel caso di forti divergenze di pareri, quando la questione in gioco non è urgente, sarà bene rinviare la decisione ad un momento di più ampia convergenza, invitando tutti ad una più matura e pacata riflessione; invece nel caso di urgenza, sarà opportuno un appello all’autorità superiore, che aiuti ad individuare la soluzione migliore.
§ 3. Un buon funzionamento del Consiglio Pastorale non può dipendere esclusivamente dai meccanismi istituzionali, ma esige una coscienza ecclesiale da parte dei suoi membri, uno stile di comunicazione fraterna e la comune convergenza sul progetto Pastorale. Una buona presidenza richiede al parroco qualità come la disponibilità all’ascolto, la finezza nel discernimento, la pazienza nella relazione. La cura per il bene comune della Chiesa domanda a tutti l’attitudine al dialogo, l’argomentazione delle proposte, la familiarità con il Vangelo e con la dottrina e la disciplina ecclesiastica in genere. E’ inoltre richiesta la necessità di una formazione assidua per coltivare la sensibilità al lavoro Pastorale comune e va garantita la continuità, ma anche il ricambio, dei membri del Consiglio.
§ 4. Il Consiglio Pastorale è obbligatorio per tutte le parrocchie della diocesi. Criteri obiettivi di composizione, di rappresentanza e di funzionamento Pastorale sono precisati nell’apposito direttorio diocesano, tenendo conto delle diverse tipologie di parrocchia presenti in diocesi. La durata del Consiglio Pastorale è di cinque anni e la comunità parrocchiale favorisca in ogni nuova composizione una intelligente e opportuna alternanza dei suoi membri.
§ 5. Il Consiglio, consapevole di non esaurire le possibilità di partecipazione corresponsabile di tutti i battezzati alla vita della parrocchia, riconosca, stimi e incoraggi le altre forme di collaborazione, in piena comunione con il parroco, per la costruzione della comunità.
§ 6. Il Consiglio Pastorale si preoccupi di coinvolgere, ascoltare e informare tutta la comunità cristiana a proposito delle principali questioni pastorali inerenti la vita della parrocchia, ricercando gli strumenti più opportuni ed efficaci, compresa l’assemblea generale parrocchiale che può essere particolarmente utile in sede sia di progettazione sia di verifica.
Consiglio per gli Affari Economici
Il Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici, richiesto dal Codice di Diritto Canonico è l’organo di amministrazione dei beni e delle disponibilità della Parrocchia, nel rispetto delle norme del diritto universale e particolare, ed è presieduto dal Parroco .
Il C.P.A.E. ha i seguenti fini:
a) amministrare i beni della Parrocchia e le disponibilità economiche assicurate dalle offerte volontarie fatte dai fedeli durante lo svolgimento del ministero pastorale e versate doverosamente nella cassa parrocchiale al fine di provvedere al sostentamento ed alle spese relative agli Operatori pastorali della Parrocchia, e di assicurare i mezzi economici necessari alla varie attività pastorali programmate dalla Comunità;
b) esprimere il parere sugli atti di straordinaria amministrazione che di fatto modificano lo stato patrimoniale della Parrocchia e/o ne aggravano le responsabilità economiche,atti da sottoporre poi all’approvazione del Vescovo per la loro validità, e per i quali vanno osservate le disposizioni canoniche e civili;
c) predisporre annualmente il bilancio economico preventivo della Parrocchia, elencando le voci di entrata e di spese prevedibili per i vari bisogni della Parrocchia (attività pastorali, caritative, onesto sostentamento del Clero ecc.) e individuandone i relativi mezzi di copertura economica;
d) vigilare sulla regolare tenuta dei registri contabili, della cassa parrocchiale e approvare alla fine di ciascun esercizio,previo esame dei libri contabili stessi e della relativa documentazione, il rendiconto consuntivo da presentare all’Ufficio Amministrativo Diocesano, entro il 31 marzo di ogni anno;
e) curare la conservazione e manutenzione degli edifici, attrezzature, mobili, arredi e di quanto appartiene alla Parrocchia, usando particolare cura e premura per il patrimonio artistico e storico (a tale scopo deve essere redatto e annualmente aggiornato lo stato patrimoniale e l’inventario, comprendente pure tutti i beni mobili della Parrocchia),il deposito di relativi atti e documenti presso la Curia diocesana e l’ordinata archiviazione delle copie negli uffici parrocchiali;
f) studiare i modi e proporre iniziative per sensibilizzare la Comunità al dovere di contribuire alle varie necessità della Parrocchia, della Chiesa diocesana e della Chiesa universale.